LOREM IPSUM DOLOR

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La Storia

La Storia

Francesco nasce ad Assisi nel 1182: viene battezzato con il nome Giovanni, ma il padre, Pietro di Bernardone, commerciante di «panni franceschi», lo chiama Francesco. Rampollo di una famiglia agiata, riceve una certa istruzione e cresce senza pensieri. Le Fonti francescane (FF) lo descrivono come un giovane allegro e amante dei divertimenti, ma non superficiale; generoso e sensibile, ma desideroso di essere al centro dell’attenzione. Sogna grandi cose per il proprio avvenire, incoraggiato dal padre ambizioso e da alcuni segni premonitori: un povero, ogni volta che lo incontra, stende il mantello davanti ai suoi piedi, preconizzando grandi imprese.

A vent’anni si cimenta in battaglia: a Collestrada è catturato dai Perugini e sperimenta per un anno intero la prigionia, durante la quale ha inizio il suo cambiamento interiore. Tornato in Assisi, si ammala di una malattia lunga e misteriosa; guarisce, ma non è più lui: incomincia a cercare la solitudine, nei luoghi abbandonati della campagna di Assisi. Continua a vendere stoffe e frequentare feste, ma è inquieto. Nel 1204 l’occasione di una spedizione militare nelle terre di Puglia lo spinge a tentare l’avventura cavalleresca. Fa poca strada: a Spoleto, in seguito a un sogno, abbandona cavallo e armi e se ne torna a casa, tra lo sconcerto della famiglia e la derisione della gente.

Passa un anno: l’abbraccio con un lebbroso gli fa sentire una gioia inaspettata; all’interno di una piccola chiesa cadente, un crocifisso gli parla: «Francesco, va’, ripara la mia casa, che come vedi è tutta in rovina» (FF 593). Si improvvisa, quindi, muratore, e sceglie la compagnia di poveri e lebbrosi, profondendo in ciò le proprie energie e il denaro del negozio di famiglia. Il padre, che aveva tollerato le tante stranezze di Francesco, non accetta questa situazione; prima lo rinchiude in casa e poi, vista l’inutilità dei propri tentativi, lo chiama in giudizio dinanzi al vescovo della città. Siamo nel gennaio (o febbraio) del 1206: Francesco si spoglia davanti a tutti delle vesti e dei legami familiari, dichiarando: «D’ora in poi potrò dire liberamente: “Padre nostro che sei nei cieli”, non “padre Pietro di Bernardone” » (FF 597).

Dopo un breve periodo di vita solitaria, si raccolgono intorno a lui i primi compagni, intorno al “tugurio” di Rivotorto. Nella primavera del 1209 Francesco elabora una semplice regola (che non ci è giunta) e si reca a Roma per sottoporla al Papa. Innocenzo III, persuaso da un sogno in cui vide il Laterano pericolante sorretto dal giovane frate, concede la sua approvazione, incaricando Francesco di «predicare a tutti la penitenza». Nel 1212 la fraternità, notevolmente accresciuta, si stabilisce alla Porziuncola, poco lontano da Assisi. A loro si unisce anche Chiara, una giovane nobile di Assisi, che prenderà dimora a San Damiano. Gli anni successivi vedono la progressiva diffusione dell’Ordine francescano, attraverso successive predicazioni, che raggiungono le principali città d’Italia e d’Europa e attirano numerosi uomini e donne a imitare il Poverello di Assisi. Lo stesso Francesco, desiderando annunciare il Vangelo al mondo intero, intraprende diversi viaggi nei paesi non cristiani: nel 1211 è fermato da un naufragio in Dalmazia; nel 1214 da una malattia in Spagna.

Finalmente nel 1219 raggiunge l’Egitto, dove ha luogo il celebre incontro con il sultano Melek-el-Kamil, e la Terra Santa.

Al rientro in Italia, Francesco rinuncia alla carica di ministro generale della comunità. II 29 novembre 1223 Onorio III approva la regola francescana, sancendo la nascita ufficiale dell’Ordine dei Frati Minori. Ormai quasi cieco, nel 1224 Francesco si ritira nell’eremo de La Verna, dove riceve le stigmate. Muore il 3 ottobre del 1226 alla Porziuncola. Verrà canonizzato da Gregorio IX il 16 luglio 1228.

 

Le “vie” e i “luoghi” di Francesco

Contrariamente alla tradizionale stabilitas dei monaci, gli ordini mendicanti che nascono tra il XII e il XIII secolo si caratterizzano per una spiccata propensione all’itineranza. I francescani non fanno eccezione: la predicazione del Vangelo conduce Francesco e i suoi frati da una città all’altra, da un borgo all’altro, ma anche sui monti e tra i boschi, alla ricerca di luoghi in cui ritirarsi in preghiera e penitenza. Oltre che in Umbria e dintorni, il Santo di Assisi intraprende tre grandi viaggi, diretti in partibus infi delium: nel primo (1211; cf. FF 417-418) si fermerà in Dalmazia; nel secondo (1214; cf. FF 368; 1830) arriverà fino in Spagna (probabilmente anche a Santiago de Compostela); il terzo – finalmente! – lo porterà in Medio Oriente, nel 1219 (cf. FF 1172-1174). Le sue peregrinazioni seguono, in ogni caso, le principali vie di comunicazione terrestri e marittime del suo tempo, e toccano le principali località.

Molti insediamenti francescani, che egli chiama “luoghi” (per sottolinearne la semplicità e la piccolezza; cf. FF 1561-1563), sorgeranno infatti ai margini delle città, perché i frati siano vicino ai poveri, abbiano dove chiedere l’elemosina e soprattutto possano raggiungere le persone con la predicazione. Nel corso dei secoli, molti di questi primitivi conventi sono divenuti importanti complessi, con chiese ed edifici ricchi di arte. Altri “luoghi”, invece, si stabiliscono in zone pressoché deserte, nei boschi e in collina, per offrire ambienti più adatti alla preghiera, alla meditazione e alla penitenza.

Lo stesso Francesco pensò, a un certo punto, di ritirarsi in qualcuno di questi, abbandonando la predicazione itinerante per darsi alla contemplazione. Lo dissuasero San Rufino e Santa Chiara, comunicandogli che altri erano per lui i disegni divini (cf. FF 1845).

Questa seconda tipologia di conventi, che abbonda proprio lungo il tracciato della Via di Francesco, trasmette ancora oggi il fascino della semplicità francescana; di un’essenzialità anche architettonica che si inserisce in piena armonia con il creato; di una ricerca di Dio che parte dalle piccole cose. Per di più, non si tratta di gusci vuoti: il pellegrino può incontrare i moderni discepoli di Francesco, uomini e donne che tentano di seguire i suoi passi nella povertà, nella castità, nell’obbedienza, nell’accoglienza caritatevole del fratello. Può condividerne non solo gli spazi, ma il ritmo di preghiera e di vita, che aiuta a scoprire il senso profondo – umano e cristiano – del proprio cammino lungo la Via di Francesco. Si compie, pertanto, un pellegrinaggio che non guarda solo al passato, ma al presente e al futuro; un itinerario “vivo”, in cui il Poverello parla ancora all’uomo interiore.

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